L’ONU condanna il razzismo sistemico negli Stati Uniti e altrove.

Il 16 e 17 giugno il Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, a Ginevra, ha tenuto un Dibattito di Urgenza sulle “violazioni attuali dei Diritti Umani di matrice razzista, il razzismo sistemico, le brutalità della polizia contro persone di origine africana e la violenza nei confronti di manifestazioni pacifiche”.

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Alla luce delle questioni giunte alla conoscenza del pubblico con la morte di George Floyd, durante una recente riunione del Consiglio dei Diritti Umani, Dieudonné Sougouri, del Burkina Faso, coordinatore del gruppo africano di 54 stati membri, ha affrontato il problema del razzismo endemico, dicendo: “I fatti tragici del 25 maggio a Minneapolis, negli Stati Uniti, che hanno causato la morte di George Floyd, hanno portato a proteste in tutto il mondo contro le brutalità della polizia con cui  persone di origine africana si confrontano quotidianamente in numerose regioni del mondo”. Ha, quindi, invitato il Consiglio dei Diritti Umani ad organizzare un dibattito sulle violazioni dei diritti umani di matrice razzista, le brutalità delle polizie e la violenza nei confronti di manifestazioni pacifiche, che si è tenuto il 16 e 17 giugno.

Subito dopo la morte di George Floyd, Michèle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, ha evocato la necessità per gli Stati Uniti di modificare le procedure di mantenimento dell’ordine pubblico e anche di denunciare e condannare i poliziotti che ricorrono in modo eccessivo alla forza. Ha riconosciuto la presenza di un reato di discriminazione razziale in morti come quella di George Floyd e la necessità di affrontare la questione del razzismo. Durante il Dibattito di Urgenza, lei ha sottolineato la necessità di un’azione decisiva  in tutto il mondo, per affrontare e combattere un razzismo diffuso.

La Delegata del Segretario generale Amina Mohammed, parlando  a nome del Segretario Generale Antonio Guterres, ha sottolineato che la violenza razziale attraversa la storia e le frontiere nazionali.   Anche lei, come molti altri, ha perorato  a favore di un’azione e di un cambiamento strutturale e di quanto sia necessario lavorare insieme per smantellare le strutture razziste globali, esistenti nei sistemi educativi, sanitari e giuridici.

Ricordando che l’anno 2020 coincide con il 500esimo anniversario dell’inizio della tratta transatlantica degli schiavi, più di venti importanti responsabili dell’ONU, africani o di origine africana, hanno pubblicato una dichiarazione, richiedendo un’azione dell’ONU, per garantire che l’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, che promuove ed incoraggia il “rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione” sia qualcosa di più che delle parole scritte su una pagina.

Quest’anno, durante il bilancio di medio termine, previsto a settembre, del Decennio internazionale delle persone di origine africana, destinato a promuovere e proteggere queste persone, che hanno portato tanti importanti  contributi alla società, l’Assemblea  Generale vuole condividere delle buone pratiche e vedere quali misure si possano prendere in futuro per porre fine alla discriminazione e promuovere l’inclusione.  E’ interessante notare che a metà marzo, già prima che George Floyd venisse assassinato dalla polizia a Minneapolis nel Minnesota. Michèle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, aveva dichiarato: “Dobbiamo lottare contro una violenza poliziesca sproporzionata, di tipo razzista, contro incarcerazioni di massa  e  discriminazioni razziali strutturali nella sanità, nell’impiego, nell’educazione e nell’alloggio”.

E’ chiaro che le manifestazioni “Black Lives Matter” (le vite dei neri contano) in tutto il mondo hanno un impatto importante sia sui singoli paesi che alle Nazioni Unite, portandoli ad affrontare la questione del razzismo sistemico, durante questo Decennio per le persone di origine africana.